Chiesa di San Giacomo Apostolo

Da quanto è dato sapere, nell’attuale abitato di San Giacomo nel tardo Medioevo la torre (attuale campanile) con la chiesa, un cimitero ed un piccolo borgo si trovavano al centro di una “communia”, ovvero di una vasta area pubblica a prato.  Già dai tempi dei romani, ed in seguito anche durante le occupazioni barbariche, esisteva l’usanza di assegnare a gruppi di proprietari di un borgo o di piccoli centri, terreni o pascoli di beneficio comune. In tale area pubblica, tenuta a prato , come riportato in altre parti del presente manoscritto, nella Ceneda medievale si organizzava nel giorno di San Giacomo apostolo, il 25 Luglio,“…una bellissima fiera copiosa ed abbondante di qualsivoglia mercanzia, con molto utile e comodo di questa città e di molti mercanti che con le loro merci di lontan arrivano…” (da : Graziani - “La vera descrizione della città di Ceneda”).

Non esistono di questo periodo mappature della zona ma solo descrizioni indicative del territorio. In uno di questi disegni, redatto nel 1690, è identificato l’aggregato urbano di S.Giacomo (San Giacomo di Veggia) e vi sono riconoscibili la strada del Menarè verso Sud-Ovest, della Levada (Via Isonzo verso Sud-Est), la chiesa di S.Fermo e di S.Giacomo con il proprio campanile. Si riconoscono altresì il tracciato stradale verso Carpesica (Cal de Livera) e l’abitato dell’attuale Mezzavilla e del Borgo Schiavin , nonchè il percorso stradale di Via delle Calesele-Via del Troi.  La attuale chiesa ancora non esisteva (o, meglio, non appariva indicata). In una mappa del 1700, presumibilmente redatta nella seconda metà di tale secolo, si riconoscono la nuova chiesa parrocchiale, le barchesse dei conti Calbo-Crotta (ora monastero cistercense) nonchè l’antica torre con le feritoie, però dotata di una cella campanaria con la sommità ornata da una corona di merli guelfi.

Nella seconda metà del millesettecento la piazza di San Giacomo cominciò ad assumere la conformazione attuale, con gli edifici dell’attuale monastero, l’edificato contiguo alla torre e la chiesa al centro della vasta area posta all’incrocio delle due strade.

Purtroppo non é dato di sapere la precisa data di costruzione della nuova chiesa: già nel 1929, all’atto delle ricognizioni e degli inventari sulle proprietà ecclesiali (disposte a seguito dei Patti Lateranensi) venne certificato che la nuova chiesa fu presumibilmente edificata tra il 1750 ed il 1800, non esistendo negli archivi alcuna memoria, ignorando anche i nominativi del progettista e dell’esecutore.

Alcuni appassionati di storia locale , sulla base di una recentissima ricerca effettuata con georadar all’interno del perimetro dell’edificio sacro, e dalla quale risulterebbero confermate, sotto l’attuale pavimento, quattro zone che farebbero presupporre l’esistenza di pietre tombali, prospettano l’ ipotesi che la attuale chiesa sia un rimaneggiamento di un edificio preesistente. Dall’analisi del registro dei morti si evince infatti che nel periodo a cavallo tra il XVIII° ed il XIX° secolo sono state realizzate all’interno della Parrocchiale le sepolture private dei membri di 4 famiglie (fam. Altan-fam.Molinaris - fam.Polo - fam.Frison/Fabris), di alcuni sacerdoti (in un’unica tomba) e di altre 2 sepolture singole.Tale ipotesi conferma pertanto  la data di presunta edificazione della chiesa parrocchiuale.

Non sono stati documentati neanche avvenimenti significativi sull’edificio nel corso del 1800, né si trova documentazione relativa ad eventuali ammaloramenti subiti nel grave terremoto che colpì la nostra zona il 29 giugno 1873 e che, ad esempio, sconquassò sia la cattedrale di Ceneda che la sua torre campanaria. Similmente per il terremoto del 1936, anno in cui fu completata una serie di abbellimenti interni all’edificio, che presentava comunque, nei suoi elementi più significativi, l’aspetto attuale.

Per quanto attiene ai dipinti interni ora presenti, non si riesce ad attribuire con certezza l’esecuzione dell’opera dipinta sulla volta della navata centrale: il vasto affresco rappresenta il titolare San Giacomo nella gloria del paradiso tra altri otto santi patroni e la Madonna Assunta posta al vertice del la grande pittura.

E’ certamente attribuibile a Bernardo De Marchi la “Trasfigurazione” affrescata sul catino dell’abside nel 1868 e, molto probabilmente, le figure di Davide e Santa Cecilia dipinte sotto la cantoria, a lato della porta d’entrata principale della chiesa. Detto pittore, nato a San Vendemiano nel 1827, vi morì nel 1883 dopo una vita avventurosa in cui, dopo avere studiato all’Accademia delle Belle Arti veneziana, fu disegnatore, decoratore, intagliatore di stampi decorativi per la Fonderia De Poli, insegnate alla scuola comunale di disegno, pittore sacro. Nella Trasfigurazione dipinta a San Giacomo, certamente copiata (dal punto di vista figurativo e compositivo) da quella di Raffaello conservata nelle pinacoteche vaticane, la firma dell’opera è stata sostituita da un suo autoritratto posto all’angolo del catino, fuori visibilità.

Un altare laterale riporta una pala del pittore veneziano Giovanni Carlo Bevilacqua, datata 1826-1827(?), recentemente restaurata e riportata alla sua configurazione compositiva originale, nella quale il Santo protettore è ritratto in età matura, con barba fluente, toga e mantello, che indica l’Assunta. Un’altra tela meritevole di segnalazione, tra il patrimonio pittorico della chiesa, è la rappresentazione della  Madonna con bambino seduta tra gli angeli su una nube,  dipinto del settecento di Giovanni Buonagrazia, ed al quale, all’incirca nel 1936, sono state aggiunte alla base, ad opera del locale pittore Vittorio Casagrande, le Sante Teresa ed Agnese.

Il Casagrande  aveva già effettuato la sua preziosa opera di “rinfresco” sugli affreschi della chiesa sia nel 1907, che  nel 1936 (post-terremoto ), come risulta dalle iscrizioni riportate sia sulla lunetta dell’abside con la Trasfigurazione che sul grande dipinto posto sulla sommità della navata.

A seguito dei recenti lavori di restauro della chiesa , è stato riscoperto, dietro l’altare maggiore, un drappo dipinto in toni di azzurro e rosso che costituisce , molto probabilmente, l’originale decorazione che ornava l’altare maggiore nella sua iniziale configurazione. E’ infatti rinvenibile sulla muratura la zona di attacco del vecchio altare, rimosso e rifatto nella attuale configurazione.

Per quanto attiene all’organo a canne posto nella cantoria, trattasi di uno strumento ottocentesco costruito dalla Ditta Pugina, della grande scuola di organari veneti di fine settecento ed ottocento, e che operò nel settore fin dal 1810. Lo strumento ha subito diverse migliorie nel 1901, quando fu sottoposto ad un  restauro generale con l’aggiunta di vari registri (e con la  congiunta operazione di ampliamento della cantoria) e nel 1948, per adeguarlo alla moda del tempo. Nel 2004, per opera della Ditta Paccagnella di Albignasego (PD), è stato effettuato l’ultimo restauro nel rispetto dei vincoli di fedeltà filologica che tale strumento richiede.

Tratto da "Relazione storica della Chiesa di San Giacomo Apostolo" scritta da Bortolot Mario