Chiesa di S. Antonio da Padova
Fra i tanti oratori che lungo i secoli sono andati testimoniando la pietà dei cenedesi ce n'è uno, alla Rizzera, dedicato a Sant' Antonio di Padova, oggi sotto la costituita parrocchia di San Giacomo di Veglia, una volta curazia dipendente dalla Cattedrale.
« Il pio viaggiatore che percorre la 'grande strada dell' Allemagna - scriveva Oratorio di S. Antonio da Padova: mons. De Biasi nel 1931 in prefazione ad un suo opuscoletto di guida alla esterno devozione del grande Santo dei miracoli - in quel tratto da San Giacomo di Veglia a Vittorio Veneto, che prende il nome di via Rizzarda, incontra una chiesetta dalla caratteristica forma esagonale, dedicata a Sant'Antonio di Padova; la statua del Santo, che dalla nicchia esterna sembra invitarlo a sostare, gli fa varcare la soglia della chiesa e piegare il ginocchio in breve preghiera ». Non è uno dei soliti oratori, che la pietà dei fedeli suole erigere lungo le vie; esso riveste una speciale importanza per la sua antichità e perché fu sempre meta gradita di tanti devoti del Santo. Dalle antiche memorie risulta infatti che sorgeva in quel sito fin dalla metà del 1500 un oratorio dedicato al Santo di Padova, frequentato dai numerosi pellegrini che dalla Germania passavano per recarsi a Roma. Tale oratorio per vetustà minacciava rovina e fu allora che il vescovo di Ceneda Marco Agazzi ne curò la ricostruzione coadiuvato dai Eabbriceri Giovanni Del Giudice canonico, Domenico Moscardini curato e GioBattista Fusari, e poté dedicarlo al culto del Santo nel 1693. Ne fa fede la lapide murata sopra la porta della chiesa, sulla quale è stata scolpita un'epigrafe in latino e che, tradotta nella nostra lingua, suona così; «A Dio Ottimo Massimo e al Santo Antonio - questo tempio minacciante rovina e quasi cadente Marco Agazzi veramente pio Pastore - essendo fabbriceri Giovanni Del Giudice canonico - Domenico Moscardini curato - e GioBattista Fusari - con l'aiuto di Dio con cura costante e con le oblazioni dei fedeli - condusse a termine e completato lo dedicò nell'anno del Signore 1693 All'eccelso merito dell'Ill.mo e Rev.mo Marco Agazzi vescovo di Ceneda e conte di Tarzo - nipote di papa Alessandro VIII - i fabbriceri soprannominati a proprie spese questa lapide eressero a perpetua memoria ». Numerosi poi e antichi sono gli ex-voto che rimangono ad attestare la pietà dei fedeli fin dagli antichi tempi e la pietosa compiacenza del Santo nello scegliere il devoto Oratorio quale luogo privilegiato per distribuire grazie e favori. Fra i quadri rimastici ve ne ha uno che ricorda il caso di un povero operaio rimasto impigliato tra le pale di un mulino miracolosamente salvato per l'invocazione di Sant'Antonio: porta la data del 1692. E' la data più antica che si è potuto trovare nei diversi quadri che si conservano; ma ve ne sono altri, che quantunque non datati, rivelano nella loro fattura un'epoca più remota. I vescovi di Ceneda poi hanno tenuto sempre il venerato santuario sotto la loro diretta sorveglianza e amministrazione, facendosi render conto come delle entrate, così dei vari suoi bisogni. Si trova in archivio un documento del 1740 in cui il vescovo di allora Lorenzo Da Ponte, pur ammettendo l'oratorio «de jure communitatis» di San Giacomo di Veglia, richiama al dovere gli amministratori del santuario, obbligandoli a rendergli conto dell'amministrazione. Dietro nostra richiesta, l'allora arciprete di San Giacomo di Veglia, don Dino Zanetti, ci ha passato queste note, tratte dal «Libro delle cronache parrocchiali» circa le più recenti vicende della vita di questo Oratorio. Dopo le scosse del 6 maggio 1976 l'Oratorio ebbe bisogno di nuovi lavori di restauro, che vennero portati a termine dall'impresa locale Antonio Meneghin. Venne ripassato nuovamente tutto il tetto con la sostituzione di molte tegole. Il pittore Tullio de Colli ne curò l'elegante decorazione interna con la sostituzione di 36 lastre e riparazione e pittura di tutte le porte. La spesa, sostenuta con le offerte dei fedeli, toccò la cifra di 2.670.000 lire. Attualmente la chiesa si presenta molto bene, anche se spoglia di alcuni arredi a causa dei frequenti furti subiti. Il giorno 13 giugno è sempre stato solennizzato con cerimonie religiose in onore del « Santo dei Miracoli» ed è vivo ancora, a memoria d'uomo, il ricordo del come la festa del Santo fosse celebrata pure con una sagra esterna paesana (di questa sagra esterna ne fa cenno anche il Marson nella sua « Guida della città di Vittorio»). Se il crescendo continuo e vertiginoso del traffico lungo la via Alemagna, ha consigliato prudentemente la sospensione di questi festeggiamenti popolari, nessuno però riuscirà a togliere dall'animo della nostra gente la venerazione e il culto spontaneo e fervido verso il Santo di Padova.